venerdì 10 febbraio 2012

At last Etta!



Etta James , il cui vero nome era Jamesetta Hawkins, era nata a Los Angeles nel 1938, figlia di una ragazza madre di colore che la ebbe a soli 13 anni e un padre bianco che non conobbe mai. La sua fu un’ infanzia difficile, fatta di brefotrofi e affidamenti. Inoltre, essere una sanguemisto, nell’America degli anni 40 e 50 costituiva un problema in più.


Iniziò a cantare gospel a cinque anni e iniziò la sua carriera nel 1950 con il trio delle Creolettes. Soprannominata Miss Peaches, per via di un altro gruppo, di cui fece parte durante il suo percorso musicale, la James diventò famosa per canzoni come It’s a man’s man’s world, I just wanna make love to you e soprattutto At last, che le spianò la strada al successo internazionale e fu utilizzata come colonna sonora di molti film e spot pubblicitari. Seguirono 4 Grammy Award, 17 Blues Music Awards e l’inclusione nelle Rock & Roll Hall of Fame e Blues Hall of Fame.

Per tutti gli anni 60 ha prodotto numerosi lp, la sua canzone Tell Mama diventò un brano cult nell’interpretazione di Janis Joplin, grande fan di Etta da sempre e I’d Rather Go Blind fu cantata da una moltitudine di artisti soul, rock e rhythm and blues americani e inglesi.

Nonostante enormi successi di pubblico e critica, Etta ha vissuto un' esistenza tormentata e difficile, caratterizzata da momenti esaltanti e da periodi di profonda crisi esistenziale, tipica, a dire il vero, di molte delle grandi star della black music.

Ha conosciuto fama e cadute tremende dovute all’abuso di droghe, problemi apertamente raccontati nella sua autobiografia Rage to Survive del 1995. Etta aveva un carattere molto difficile, molto diretto, senza ipocrisie. Quando al ballo inaugurale, dopo l'elezione di Obama, Beyoncé cantò "At Last", Etta, già fragile e malata, non gradì: all’epoca volarono parole forti nei confronti della Beyoncé che aveva osato scippare la sua canzone. Più tardi spiegò di aver «scherzato», confessando con amarezza: «sarei stata molto felice se il nuovo Presidente avesse invitato me a cantare At Last».

Sentire la sua voce è un’emozione forte, una voce da cui traspare tutto il dolore e i trionfi della sua vita; Etta ha un modo di raccontare la sua storia senza filtri con la passionalità e con una fragilità tosta che poche voci della black music hanno saputo trasmettere.

Ovunque andrai non smettere mai di cantare.
Buona vita Etta





martedì 8 marzo 2011

Jane Monheit



Con lei il jazz vocale al femminile ha trovato un artista completa in grado di interessare un pubblico più vasto rispetto alla cerchia troppo selettiva degli appassionati del genere. Il jazz è tornato fra la gente con interpretazioni  soft, delicate in cui è facile "starci dietro". Lunghi capelli ondulati,  sguardo intenso  Jane Monheit è diventata in poco tempo uno dei talenti più tecnicamente preparati  emersi dalla scena jazz americana.

Jane Monheit, nasce nel 1977 a Long Island e cresce in una famiglia di musicisti. Fin da bambina ascolta musica classica, jazz, bluegrass e folk e studia clarinetto così come teoria musicale.Nel canto si ispira a grandi nomi del jazz quali Sarah Vaughan e Carmen McRae, ma è soprattutto Ella Fitzgerald ad influenzarla. Col tempo prende come esempi anche cantanti e band del suo tempo, tra cui Joni Mitchell, Take Six e i New York Voices.
A 20 anni partecipa ad una famosa competizione jazz del Thelonius Monk Institute. La giuria, composta tra gli altri da Dee Dee Bridgewater, Nnenna Freelon, Diana Krall e Dianne Reeves, viene colpita dalla fresca sicurezza, dalla calda voce e dai toni swing del suo canto.
L'ex manager di Diana Krall le fa firmare il suo primo contratto.  Il risultato è "Never Never Land" che entra subito nelle classifiche Billboard al n. 2 dietro Diana Krall, rimane nelle classifiche jazz per 70 settimane, conquista il primo posto nella lista dei bestseller di Amazon ed è premiato dalla "Jazz Journalist Association" come migliore album di debutto. Già allora, Ron Carter esprime la sua ammirazione per la giovanissima cantante con le parole: "Chiunque conosca una cantante migliore, mi telefoni".

 Il pubblico e la critica sono entusiasti della sua voce calda e dolce, della sua sicurezza di intonazione e della tecnica eccellente - molto apprezzate le sue interpretazioni di canzoni come "Over the Rainbow", "Waters of March" e "Blame It On My Mouth". E poi rimane sempre simpatica: "Sono tanto intelligente da capire che gran parte del successo lo devo alle persone con cui collaboro. Penso che il pubblico gradisce il fascino della musica e il mio tentativo di cantare le canzoni più belle che conosco in modo più sincero."

Nel settembre 2010 Jane Monheit ha pubblicato il suo nuovo album, HOME, un disco giocato su toni medi, molto jazz, sussurrato e swingante al tempo stesso. Il tutto grazie anche ad una sezione ritmica di tutto rispetto, nella miglior tradizione del crooning, forte delgli straordinari Frank Vignola e John Pizzarelli alle chitarre.



lunedì 20 dicembre 2010

Cassandra Wilson

 

Per tanti Cassandra Wilson è la massima interprete di musica d'improvvisazione, frutto di talento, rigore e doti naturali. Per lei fare la cosa giusta in musica si traduce in "non copiare" e questa  è la vera sfida che ogni disco rappresenta: "se ti citi addosso, non stai facendo del jazz".  

La Wilson è una delle personalità più interessanti della musica afroamericana.
Il suo stile affonda le radici nel blues della terra natia, le rive del Mississipi, e nel jazz, ma si lascia influenzare anche dal gospel, dal sound africano e brasiliano, dal pop e dall’R&B.

La sua è una voce estremamente seducente, con un timbro cavernoso che s’avvicina spesso a quello di Sarah Vaughan, Bessie Smith, Betty Carter e Abbey Lincoln. Partendo dal jazz, è capace di interpretare ogni tipologia di canzone in maniera toccante e personale. Cassandra Wilson non è confinabile in un solo stile o universo sonoro. La sua concezione musicale si è evoluta, negli anni, verso un’esplorazione continua e dinamica, per arricchire la propria visione artistica a 360°.
 
Vincitrice di diversi Grammy, Cassandra torna ora con un nuovo album “Silver Pony”; il disco, pubblicato il 9 novembre, è il ventesimo nella carriera della cantante, ed è in parte registrato live durante il suo tour europeo ed in studio, per l'etichetta Blue Note.
Con lei Marvin Sewell (chitarra), Reginald Veal (basso), Herlin Riley (batteria), Jonathan Batiste (piano) e Lekan Babalola (percussioni), la tromba di Terence Blanchard   ed il sax di Ravi Coltrane in “Silver Moon" e John Legend presta voce e piano a Watch The Sunrise". Il risultato è  all’altezza delle aspettative, un ritorno alle radici blues che più le si addicono.

Tra le cover inserite c'è  una splendida versione di Blackbird dei Beatles mentre tra le cover inedite, oltre alla versione del classico dei Fab 4 proposta con un arrangiamento jazz e un assolo di chitarra di Marvin Sewell da pelle d'oca, spicca una bella versione di If It's Magic di Stevie Wonder.

lunedì 8 novembre 2010

Esperanza Spalding e la passione per il contrabasso



A soli 26 anni, Esperanza Spalding ha tutto. Voce, tecnica, bellezza, talento compositivo, qualità che ne fanno una delle personalità chiave della nuova generazione del jazz, capace di bucare lo schermo, catturare l'audience con quel suo modo tutto personale di mischiare generi diversi: jazz, soul, fusion e rythm & blues. Non esiste nel panorama del jazz mondiale altra donna capace di domare il contrabasso ed essere al contempo cantante.  
Molti musicisti famosi l'hanno voluta al loro fianco, a partire da Pat Metheny, Joe Lovano, Stanley Clarke, la cantante Patti Austin,  il noto batterista Horacio “El Negro” Hernández, il sassofonista Donald Harrison e molti altri. La Spalding si è esibita alla Casa Bianca, davanti a Barak Obama, ricevendo i complimenti di tutti, da Stevie Wonder a  Oprah Winfrey; il New Yorker l'ha definita come colei che ha "svecchiato" l'ambiente del jazz.  Se il jazz e' entrato negli iPod dei ragazzini, il merito è il suo.  

 Il 14 novembre Esperanza sarà all'Auditorium di Roma. Da non perdere.

lunedì 18 ottobre 2010

I molteplici mondi di Madeleine Peyroux



Garbata, sottile, di gran classe. Un mix irresistibile di contaminazioni, un contrasto che fa di lei un personaggio tutto da scoprire. Anche se fisicamente non potrebbe essere più diversa, il suo stile musicale ed il timbro della voce assomigliano parecchio a quelli di Lady Day. Una voce calda e malinconica quella di Madeleine Peyroux che rievoca l' atmosfera fumosa e nostalgica di un bistrò parigino. Il suo repertorio  attinge a vecchi standard jazzistici di "regine" come Bessie Smith, Billie Holiday e Nina Simone, e di artisti, cari alla cultura francofona, come Edith Piaf, Serge Gainsbourg e Leonard Cohen., il tutto accompagnato da una strumentazione scarna ma di profondo impatto.

Madeleine Peyroux , classe 1973, è originaria della Georgia; cresce tra la California, Brooklyn e Parigi, dove scopre già da adolescente una vera passione per la musica frequentando il Quartiere latino,  dove ha modo di conoscere numerosi artisti di strada che la iniziano al mondo del jazz. Comincia così ad esibirsi per le vie della capitale affascinando il pubblico col suo timbro sensuale.
Nel 1996, di passaggio a New York, viene notata da un produttore discografico che le propone di registrare il suo primo album, "Dreamland", accanto a musicisti della scena di New York come Cyrus Chestnut, Leon Parker, Vernon Reid e Marc Ribot. Il disco, che attinge dal repertorio folk e country, vende 200.000 copie. Baciata dal successo però Madeleine sparisce. Otto anni di silenzio, non tanto voluti o motivati da crisi artistiche, bensì obbligati dal fatto che il jazz non andava;  Madeleine si stabilisce in Europa, a Parigi. Qui lavora assiduamente come artista di strada, ritrovando la sua dimensione naturale, poichè i tempi per un suo rientro non sono maturi.
Poi ci fu lei, la rivoluzione Norah Jones, che trascina violentemente gli occhi del mondo su di lei e sul jazz, un genere  che sembrava poter essere solo d’élite; dopo Norah ne sono venuti tanti (vedi Micheal Bublé, Diana Krall), e fra loro c’è anche Madeleine Peyroux,.

Ri-scoperta dalla Rounder Records nel 2003 pubblica "Got you on my mind", che la porta ad esplorare non solo più il jazz, ma anche un repertorio pop-rock, sempre con la stessa chiave retrò, in cui mette in mostra uno stile personale e coinvolgente seppur sempre legata alle sonorità della grande Billie Holiday.
 
Anche il suo terzo album "Careless love" seduce ed emoziona. Vengono qui proposte canzoni proprie e cover di autori famosi come la versione di Dance Me To The End Of Love di Leonard Cohen, o You’re Gonna Make Me Lonesome When You Go di Bob Dylan – solo per citarne alcune.

"Half the perfect World", arriva nel 2006 e propone un analogo mix di cover (Tom Waits, Joni Mitchell) ed originali, ottenendo riscontri di critica notevoli, mentre il suo ultimo "Bare Bones" è, al solito, un disco raffinatissimo, impreziosito da arrangiamenti millimetrici e dalla stupenda voce di lei, sempre misurata e caldissima. Il disco è forse un po’ più virato al pop rispetto ai precedenti, ma non trascura le sonorità jazz, blues e country, che ne sono l'aspetto musicale più interessante.

lunedì 11 ottobre 2010

Roberta Gambarini, un talento italiano



Roberta e Roy Hargrove
Il suo punto di forza  è senz'altro la tenacia  e la determinazione che ha dimostrato nel credere nelle proprie aspirazioni, nell' impegno che ha dedicato alla sua evoluzione di cantante e musicista. "Quando scelgo qualcosa generalmente è per la vita".
Roberta Gambarini nasce a Torino, in una famiglia dove la musica jazz e' molto amata e seguita. Le sue doti vocali emergono fin da giovanissima e già a 17 anni si  esibisce nei jazz club del nord Italia. Nel 1998 vince una borsa di studio di due anni presso il New England Conservatory di Boston e decide di partire per provare questa nuova esperienza. Pochi mesi dopo il suo arrivo negli States, si classifica al terzo posto nel Thelonious Monk International Jazz Vocal Competition. Comincia così l'avventura musicale di questa artista che in poco tempo ha saputo conquistare popolarità e consensi del pubblico e critica e  dei più importanti musicisti del mondo. Il Boston Globe l'ha definita  "vero successore di Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, e Carmen McRae". E' stata nominata due volte ai Grammy Awards, nel 2006 con il suo album di debutto Easy to Love e nel 2009 nella categoria Best jazz vocal album per il suo ultimo cd "So in Love!"
 Nel 2010  il referendum indetto dal Jazz Journalists Association (JJA) l'ha eletta  per  miglior voce femminile.

Roberta ha affinato il suo mestiere e costruito la sua reputazione e le relazioni “lungo la strada” - come tutti i grandi musicisti - in tour ed esibendosi tra gli altri con Ron Carter, Herbie Hancock, Slide Hampton, Roy Hargrove, Jimmy Heath, Hank Jones, Christian McBride, James Moody, Mark O 'Connor e Toots Thielemans.

Per coloro che vorranno sentirla prossimamente, la Gambarini sarà il 14 novembre a Perugia ed il 15 novembre  al Teatro Comunale di Ferrara, insieme al Roy Hargrove Quintet.

mercoledì 29 settembre 2010

ll coraggio di Melody



Melody Gargot, tre album pubblicati dal 2005 ad oggi, una nomination al Grammy 2010 per il suo My One And Only Thrill (di cui tutti i brani portano la sua firma), ha raggiunto recentemente il milione di copie vendute nel mondo. Un aumento sempre più crescente di consensi in America e Inghilterra che dimostra l'apprezzamento per la sua musica dal mood caldo e raffinato, nella quale jazz e blues si fondono. Una voce, la sua,  intensa che sa andare dritta al cuore.
Nata a Filadelfia nel 1985, lei stessa si definisce cittadina del mondo. La sua musica trae ispirazione da artisti jazz e blues come  Judy Garland, Janis Joplin, Miles Davis, Duke Ellington, Stan Getz e George Gershwin e dalle sonorità latino americane di Caetano Veloso.

Da adolescente prende lezioni di pianoforte ma la musica diventa la sua vita quando, a 19 anni, rimane vittima di un terribile incidente che la costringe all'immobilità  per un anno con la perdita della memoria. e dell'uso della parola. E' allora che la cantante scopre gli effetti terapeutici della musica,  cominciando a comporre canzoni, nella speranza di uscire prima da una convalescenza lunga e dolorosa.
Melody ha riportato da questa esperienza conseguenze con cui deve convivere, problemi con la luce e il suono, difficoltà di memoria:. Oggi quando cammina e' accompagnata sempre da un bastone e da un paio di occhiali scuri per proteggere la vista dall'esposizione alla luce: tratti,questi, che sono diventati distintivi della sua immagine pubblica.

Nel 2005 esce un disco,  non a caso intitolato  Some Lessons: The Bedroom Sessions, che cattura l'attenzione di molte radio locali di Philadelphia.  L’anno successivo realizza e pubblica a proprie spese  Worrisome Heart  che ha dato alla Gardot fama a livello mondiale.

La Gargot e' ora è una sostenitrice della musicaterapia per alleviare le sofferenze. La musica è stata il suo motore, le ha dato la forza di non arrendersi. Gli stessi medici che l'hanno curata hanno confermato che questa  è stata fondamentale per il suo recupero. Melody afferma: “E’ il mio amore, la mia priorità. Gli uomini sono soltanto amanti”.








mercoledì 22 settembre 2010

Tra Oriente ed Occidente: Aziza Mustafa Zadeh



Famosissima in molti Paesi, un po' meno in Italia, Aziza Mustafa Zadeh, pianista, cantante e compositrice, ha raggiunto il successo per la sua musica estremamente originale, caratterizzata da una commistione  di generi differenti. 

La sua musica viene descritta come “mugham”, una forma tradizionale di improvvisazione musicale del suo paese di origine, l’Azerbaijan   e viaggia,  nel regno della contaminazione di stili tra il jazz di Chick Corea e la musica tradizionale della sua terra,  maneggiando questi stili con un feeling per il ritmo impressionante.

A parte qualche collaborazione con  rinomati musicisti internazionali, come Al di Meola, Toots Thielemans, Stanley Clarke, Bill Evans (sax), John Patitucci, Aziza si esibisce preferibilmente da sola al piano accompagnandosi di tanto in tanto con la sua potente voce, che riesce a sovrapporre con precisione a quanto sta eseguendo nel medesimo istante al piano. 


Aziza è figlia d’arte: il padre Vagif Mustafa Zadeh è stato il più noto compositore e pianista jazz dell’Ex Unione Sovietica ed è stato per lei il fondamento nelle sue scelte musicali.

Per la  presenza fisica, doti vocali (ha una voce tra le più "incredibili" per estensione, intonazione e tecnica)  e pianistiche non è da meno rispetto alle sue colleghe molto più famose come Diana Krall e Norah Jones; il suo repertorio è  inoltre meno convenzionale e più  interessante per le  contaminazioni di esotismo asiatico ed anche quando affronta standards classici la sua interpretazione riesce ad uscire dai soliti schemi  suscitando grande interesse.

martedì 21 settembre 2010

So Nice!



Questa voce inconfondibile, calda e sporca al punto giusto è di Diana Krall, una delle cantanti jazz più famose e apprezzate al mondo. Pianista, vocalista jazz premiata con il Grammy, compositrice. Si puo' dire che tutto quello che tocca diventa musica. 
"Quiet Nights", è il nuovo album intimo e sensuale da cui è tratta questa " So nice". Si tratta del  12esimo cd di Diana e include 10 nuove canzoni tra ballads, standard jazz (come "Walk On By" di Burt Bacharach) e classici della bossa nova di Antonio Carlos Jobim.
Nata da una famiglia di musicisti, Diana comincia prestissimo a suonare il piano per poi studiare al prestigioso Berklee College of Music a Boston.
"Tutte le mie cantanti preferite hanno suonato il piano: Dinah Washington, , Shirley Horn, Aretha Franklin, Sarah Vaughan e specialmente Carmen McRae. Quest'ultima è stata molto importante per me e ha avuto una grande influenza sul mio stile."

 La svolta nella carriera di Diana arriva dopo il matrimonio con Elvis Costello, nel 2003. Grazie all'influenza dell'artista inglese comincia a comporre brani inediti, pubblicati in “The girl in the other room”, raggiungendo le vette delle classifiche jazzistiche mondiali, grazie anche al singolo “Temptation”, intrigante rilettura in chiave jazzistica di un pezzo di Tom Waits.



giovedì 9 settembre 2010

Rachelle Ferrell

Rachelle Farrell, classe 1961, è una delle più grandi artiste contemporanee del pop e del jazz. Artista a tutto tondo, cantante, autrice e pianista, si è imposta all'attenzione del pubblico fin dal suo esordio con il primo album  nel 1990, diventando immediatamente un “caso”.

 
La cosa che rende unica questa  cantante è un'identità vocale molto personale  La sua, più che una voce  è uno strumento musicale, con una estensione stratosferica (si dice di oltre sei ottave!!), che usa sfrontatamente  raggiungendo ripetuti sovracuti durante brani ed improvvisazioni  “scat”, esibendo una sorprendente duttilità  e padronanza tecnica.

Rachell  padroneggia al meglio diversi generi musicali, dall'urban al  pop, dal gospel alla musica classica e al jazz.
Comincia a cantare a 6 anni e, dopo studi classici di violino e di pianoforte, comincia a testare le sue capacità di autrice. Frequenta il prestigioso Berklee College of Music di Boston studiando arrangiamento e composizione (dove ha per compagni di corso Branford Marsalis e Kevin Eubanks) e, per un breve periodo, insegna musica con Dizzy Gillespie alla New Jersey State Council of the Arts.

Attraverso gli anni ’80 ed i primi ’90 ha collaborato con i maggiori nomi del jazz, tra cui, Dizzy Gillespie, Quincy Jones, George Benson e George Duke.


Nei primi anni '90 debutta con l'album che porta il suo nome: Rachelle Ferrell- Somethin' else accanto a musicisti come Wayne Shorter, Michel Petrucciani, Stanley Clarke, Pete Levin.  Eddie Green. Rachelle mette in luce le sue straordinarie capacità di improvvisazione vocale reinterpretando standard del jazz  come "You don't know what love is",  "Autumn Leaves" o “My funny Valentine”

La pubblicazione dell'album Individuality (Can I be me?) esce dopo un periodo di otto anni in cui la Farrell è restata lontana dalla scena discografica.
Periodo in cui la cantante ha spiegato di aver dovuto combattere per la sua libertà creativa, in un mondo discografico dove questa è spesso sacrificata al volere della produzione che punta al business. 
L'album segna dunque un momento di trasformazione; nasce da una lucida riflessione sulle esperienze passate e le aspettative future come donna e artista e contiene canzoni che la cantante ammette di avere scritto per la sua "guarigione personale". 
Chi, fra il pubblico della  Ferrelle si chiede dove sia stata e cosa abbia fatto, troverà la risposta in questo album.

" I Can Explain", qui contenuto, è una commovente testimonianza degli amori trovati e perduti di Rachelle.

martedì 7 settembre 2010

"Sassy" Sarah


Sarah Vaughan è considerata unanimamente dalla critica e dal pubblico  il più grande fenomeno vocale della storia del jazz. A distanza di  venti anni dalla sua morte si può affermare senza alcun dubbio che nell’ambito della musica jazz la "Divina"  Sarah è stata , insieme a Billie Holiday ed Ella Fitzgerald, l’interprete più  importante di questo genere musicale. 


La Vaughan si fece apprezzare per due fondamentali caratteristiche: un’impressionante estensione vocale che le consentiva di passare da tonalità più basse a quelle più alte senza alcuno sforzo apparente e, soprattutto, una profonda conoscenza musicale.


Questo predominio della tecnica la pone lontano dalla incredibile profondità con cui per esempio Billie Holiday affrontava le melodie. Se Billie in ogni nota ci mette  l'anima scavando ogni segreto  recesso interiore,  la Vaughan utilizza  la voce come uno strumento con straordinario tecnicismo. ll punto debole è stato casomai una ricerca di perfezione esecutiva che predomina sull'interpretazione.  La Vaughan si rivela da subito per la sua forte personalità, il carattere  capriccioso e instabile (da cui il soprannome "Sassy").

Ogni concerto, ogni serata dal vivo, ogni sessione in sala di registrazione  rappresenta per lei un inferno. Per contrastare l'insicurezza e la paura fa uso di alcool e droghe, ma con estrema attenzione: caso più unico che raro di grande autocontrollo rispetto a una dipendanza che, viceversa, è stata fatale  a centinaia di musicisti.

Sebbene fin da piccola canti e suoni (in una Chiesa Battista, of course), il suo avvento al canto professionale avviene per caso. Nel 1942 a 18 anni si esibisce all'Apollo Theatre di Harlem in “Body and Soul”, in una ballad estremamente difficile. Viene subito notata da Billy Eckstine che la ingaggia nella band di Earl Fatha Hines, dove suonano  Dizzy Gillespie e Charlie Parker; successivamente viene assunta dallo stesso Eckstine. Nel 1945 lascia la band e comincia una fortunata carriera da solista.

Negli anni quaranta fu l'unica voce di rilievo del  bebop, il nuovo stile ideato  da Dizzy Gillespie e Charlie Parker, grazie alla sua solida preparazione musicale, fondata sullo studio delle armonie.


Negli anni Cinquanta diventa una star internazionale, e proprio per questo comincia a visitare anche un repertorio più popolare, meno purista, conquistando il favore del pubblico tradizionalmente estraneo al jazz.

Il suo repertorio si arricchisce di musiche e ritmi di sudamericani, soprattutto bossanova, canzoni dei Beatles,  di Henry Mancini e Burt Bacharach, pezzi da musical ("My Favorite Thing", anche colonna sonora del noto  Fahrenheit  di Radio RAI 3).

Un' abitudine che l' ha spinta a cantare praticamente di tutto, fino agli ultimi tempi.

venerdì 6 agosto 2010

Diane Schurr

Diane Schuur, la cantante bianca dalla voce "nera",  è considerata la First Lady del firmamento jazzistico internazionale.
Non  è facile catalogare questa artista versatile e camaleontica, essendo stata influenzata sia dalle grandi interpreti jazz nere del passato, Sarah VaughanDinah Washington in particolare, dal "blues", ma anche dal "soul" di Ray Charles, con il quale condivide eccellenti doti pianistiche.  La sua voce dall' incredibile estensione e potenza, "completa ed eclettica" come è stata definata dalla critica, è in grado di coprire tutta la gamma dei registri musicali, dal pop al gospel, dal jazz al blues, con una particolare predisposizione agli acuti "urlati" secondo la tipica tradizione dirty della musica popolare.

Diane  nasce a Washington nel 1953 ed è non vedente dalla nascita a causa di un incidente occorso in ospedale.
Soprannominata affettuosamente Deedles, scopre il mondo del jazz giovanissima, grazie a suo padre, pianista, e sua madre, che possedeva un'incredibile collezione di dischi di Duke Ellington e Dinah Washington.
Grazie alle sue doti musicali, Diane impara da sola a suonare il piano attraverso l'ascolto e sviluppa presto un ricco stile vocale. A soli nove anni inizia a cantare a livello professionale, mentre a 16 anni, comincia a esibirsi con le proprie composizioni, attirando l'attenzione della critica per la sua voce  così originale.
I primi successi arrivano nel 1979, quando al Festival Jazz di Monterey incontra e si esibisce con Dizzy Gillespie. In quell'occasione viene ascoltata da un altro grande jazzista, Stan Getz, che diventerà uno dei suoi maggiori fan nonché  tutor fondamentale per il suo percorso artistico, chiamando la vocalist tre anni dopo ad affiancarlo in un famoso concerto alla Casa Bianca.
Il resto è storia: dopo quell'apparizione, Diane Schuur  diventerà una leggenda vivente del jazz vincendo due Grammy Awards   come miglior cantante con  'Timeless' (1986) e 'Diane Schuur and the Count Basie orchestra' (1987) .
Le sue caratteristiche di show-woman sono tangibili nei bagni di folla dei suoi mega concerti  per la sua grande presenza scenica e la sua vena ironica che le permette di stabilire un contatto immediato con il pubblico,  mentre il lato più intimista del suo stile lo si apprezza specialmente nel "chiuso" dei club.

Segnalo un appuntamento importante a Roma dove la vocalist si esibirà  il prossimo 30 agosto in occasione della rassegna Villa Celimontana Jazz.
Il brano che ho scelto  è   "I'm beginning to see the light"  uno standard jazz di Duke Ellington interpretato da Diane.


lunedì 2 agosto 2010

Elis Regina è una di quelle rare artiste che con il loro modo di cantare e la loro personalità magnetica hanno lasciato una traccia indelebile nel panorama musicale.  
La sua inimitabile voce, roca, tenera, dolce, caldissima sapeva districarsi tra  bassi e  acuti esplosivi e dominare con naturalezza ogni genere e repertorio. Un viso  spesso imbronciato, incorniciato dai capelli cortissimi, carattere ribelle, temperamento focoso tanto da essere soprannominata "Furacão" (Uragano) e "Pimentinha (Peperoncino) per l'energia che esprimeva. In realtà le sue memorabili sfuriate nascondevano una personalità fragile, perennemente insoddisfatta, che la porterà all’abuso di alcool e droghe e alla morte prematura, nel 1982, a soli 36 anni.

Elis e' stata  protagonista indiscussa della musica brasiliana degli anni  Sessanta e Settanta e musa di Antonio Carlos JobimJoão Gilberto , Vinicius de Moraes, Edu Lobo   e di nuovi autori come  Caetano Veloso, Gilberto Gil, Milton NascimentoChico Buarque. Come molti altri artisti brasiliani, criticò apertamente il regime militare che dominò il Brasile a partire dal 1964, e solo la sua enorme popolarità le risparmiò l’esilio, imposto invece a  molti altri artisti. 
Nonostante fosse quasi del tutto sconosciuta al pubblico italiano, ha profondamente influenzato le nostre cantanti degli anni '60 e '70,  Mina ed Ornella Vanoni in primis, nelle loro interpretazioni di brani celebri di Chico Buarque, Jobim e di De Moraes.Anche oggi il suo ricordo è molto vivo. 
 La vocalist toscana Barbara Casini, le ha dedicato un omaggio appassionato in un concerto che si e' recentemente svolto a Sassari. La cantante italiana, da sempre amante e profonda conoscitrice della musica brasiliana,  ha anche realizzato un disco dal titolo Uragano Elis. "...E' un atto d'amore per questa cantante rimasta insuperata.."
Il filmato che ho scelto contiene  il celeberrimo “Aguas de Março”, nella versione che Elis incise con Jobim nel 1974 per il disco “Elis & Tom” che è, a detta di molti, il più bel disco di bossa nova mai pubblicato. 
Si tratta brano dolcissimo e irresistibile, una metafora della vita e del suo inevitabile trascorrere. Al di là della sua apparente semplicità, presenta una notevole difficoltà di esecuzione per la ricchezza dei versi, l'equilibrio del ritmo, la dimensione ripetitiva della melodia. Allegro e nostalgico allo stesso momento. 

mercoledì 28 luglio 2010

Dee Dee celebra la Holiday

Prendo spunto dal recente concerto che si è tenuto il 22 luglio per la XXV Edizione dell'Atina Jazz 2010 della cantante Dee Dee Bridgewater per introdurre questa artista che, per gli amanti del genere non ha bisogno di presentazioni. 
Dee Dee è una delle più rinomate e raffinate voci femminili ed è considerata una delle poche eredi delle grandi interpreti del Jazz, dotata di una voce assolutamente versatile che oscilla dal sussurro all'urlo, dallo scat al pop.
La cantante ospite della serata ha presentato il suo omaggio a Billy Holiday raccolto nell'album, in uscita pochi mesi fa 'To Billie With Love: A Celebration of Lady Day', dove l'artista fa rivivere in chiave personale il repertorio della grande Lady Day. 
“Billie merita che la sua musica sia ascoltata sotto un'altra luce,” ha affermato Dee Dee  in un'intervista apparsa sul suo sito “ il mio intento non e' quello di imitarla.” Ad esibirsi insieme alla cantante c'erano Kenny Davis al basso, Craig Handy al Sax e Reeds Hans Van Oosterhour alla batteria.

Per ripercorrere la sua carriera bisogna tornare nei primi anni settanta quando si unisce  alla big band di Thad Jonel e Mel Lewis, una brillantissima e innovativa  orchestra con cui collabora fino al 1974. In seguito, la formazione musicale maturata le consente un salto di qualità  collaborando con artisti del calibro di Dexter Gordon, Dizzy Gillespie, Max Roach e Sonny Rollins. Nello stesso periodo partecipa al  musical The Wiz , per il quale merita un Tony Award come miglior attrice protagonista. 
Sposata al trombettista Cecil Bridgewater, comincia a raccogliere i primi riconoscimenti a livello di critica e di pubblico all'inizio degli anni ottanta, imponendosi come raffinata interprete di un vasto repertorio che spazia dagli standard alle tendenze più recenti, con un particolare apprezzamento per il suo modo di reinterpretare il repertorio di Billie Holiday e di altre grandi cantanti del passato.
Una delle sue canzoni più famose è Till The Next Somewhere (Precious Thing) (1989), cantata assieme a Ray Charles.


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venerdì 23 luglio 2010

A tribute to a Lady

Quando per la prima volta ho sentito Billie Holiday cantare, ne sono rimasta affascinata per quella sua voce intensa e fragile, la sua capacità interpretativa, lontana dalle timbriche imponenti di altre grandi interpreti. L’estensione della sua voce forse era modesta, ma con un senso incredibile dello swing. E’ stato un contatto empatico immediato, per quella sua forse inconsapevole capacità di sfiorare e raggiungere le nostre emozioni. Billie viene troppo spesso associata alla sua vita tormentata ma era una donna che cantava anche l'amore, sogno o realtà di molte donne di ogni tempo. Con le sue doti musicali e la sua sensibilità ha portato nella storia della musica un nuovo modo di cantare e molti altri artisti hanno attinto da lei.

Devo dire che raramente un’esecuzione riesce raggiungere livelli di cosi’ alta emotivita’ come in una interpretazione femminile, ed è questa qualità che ha suscitato in me l’interesse per l’universo donna nella musica.
Con questo blog intendo condividere questo mondo che coniuga sensibilità e virtuosismo, non solo con le donne, ma con tutti coloro che amano la musica, tutti coloro che hanno il desiderio di scoprire nelle interpretazioni delle più grandi artiste la sensibilità e le emozioni del pianeta donna.